POLVERIERA

All’una del mattino di oggi, martedì 16 gennaio, l’eruzione cominciata all’alba di domenica sulla penisola di Reykjanes si è ufficialmente esaurita. Non scorre più lava né dalla fessura originaria, la prima ad attivarsi, né da quella, più piccola, che in mezzo pomeriggio ha polverizzato tre abitazioni nella periferia nord-est di Grindavík. Le buone notizie si fermano però qui, come ha spiegato il docente di geofisica Magnús Tumi Guðmundsson nell’incontro di questo pomeriggio tra gli abitanti del villaggio evacuato e le autorità islandesi. La storia ci insegna che questo processo andrà avanti a lungo – ha detto il professore – ed è meglio prepararsi.

L’accumulo di magma è già ricominciato a buon ritmo nell’area di Svartsengi, dalla cui camera sotterranea si mette in moto il materiale incandescente, e l’analisi degli eventi eruttivi degli ultimi due mesi fa supporre che sia questione di tre-quattro settimane prima del prossimo.

Se si attribuisse valore predittivo alle due eruzioni precedenti – lo si può fare solo in parte – il trend indicherebbe che l’epicentro si sta spostando verso sud, e che pertanto una futura eruzione all’interno dei confini del centro abitato non solo è possibile, ma addirittura probabile. Non è stato mai così pericoloso vivere a Grindavík, hanno concluso gli esperti accertando che la finestra di abitabilità di quell’angolo di Islanda, durata più di duemila anni, è momentaneamente chiusa.

Che le condizioni del paesino siano già adesso critiche, è fuori discussione. Sebbene siano state ripristinate elettricità e acqua calda nella quasi totalità delle case, a Grindavík è pericoloso anche solo camminare. Ovunque sono crepe, doline, inghiottitoi, fessure che si aprono talvolta all’improvviso sotto la pressione di un unico piede. Soltanto nel weekend, la parte più orientale del comune è sprofondata di un altro metro.

La situazione è tale che Bryndís Gunnlaugsdóttir, una delle residenti, ha confessato nell’incontro odierno che il giorno più difficile della sua vita è stato ieri mattina, quando ha realizzato che anche questa eruzione stava finendo e la sua casa non era ancora bruciata. Fosse accaduto, avrebbe quanto meno ottenuto l’indennizzo assicurativo, e non esso la possibilità di costruirsi una vita altrove: invece si ritrova, come i suoi concittadini, in un frustrante limbo che ha descritto con la parola snara, «cappio». L’ha detto con la voce tesa, increspata dall’emozione, e il presidente del consiglio dei ministri, di fronte a lei, non ha saputo pescare nessuna rassicurazione concreta per confortarla.

Un’opzione al vaglio delle autorità, drastica ma a questo punto tutt’altro che irrealistica, è la realizzazione di un insediamento temporaneo da qualche altra parte sulla penisola. Una nuova Grindavík, a distanza di sicurezza dalla polveriera che è diventata la vecchia. Fannar Jónasson, il sindaco, ha commentato l’eventualità con distinto fatalismo: «Faremo del nostro meglio per tornare a casa, ma sono la natura e il destino a decidere».

Foto: Hörður Kristleifsson per Morgunblaðið

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